lunedì 1 marzo 2010

Turn Loose The Swans

When I was young
The Sun did burn my face.
I left its love and warmth
Wash over me.


Cancellare.
Cancellare dal cuore qualcosa che non ha mai vissuto e che non è degno di esistere.
Lo guardi e ti metti in mano qualcosa che brucia e che piange. Lo stringi nel pugno, lo senti dimenarsi, ribellarsi, e lo schiacci. Poi cominci a correre.
 
Le strade pavimentate, irregolari, bagnate, e le case, veloci nella corsa.
Il respiro spezzato, il cuore vuoto che ansima. I ricordi che non riescono a starti dietro e le gambe che corrono veloci, lo sguardo fisso all’orizzonte. Di colpo si ferma, mani sui fianchi e una risata fragorosa., di vittoria.
Il sudore, il guardarsi indietro e vedere le persone, lontane.
Cercare in tasca la Musica e le parole. Sentirsi al sicuro, e salvi.
 
Le coperte morbide e la flebile luce del mattino. Il tepore.
Non voglio alzarmi, sto bene qui.
I cuscini. Ancora il suo profumo.
Le gambe lunghe e una sottoveste di seta. La voglia di caffè e i passi verso la cucina.
Al solito, era tardi ieri. E di ieri qui si vede ancora il casino. Lui è uscito, sicuramente incazzato per l’ennesimo futile motivo. Che palle.
Non è tanto scontato che una relazione ti renda felice. Noi siamo persone impossibili, intolleranti, volubili. Qualcuno è decisamente troppo sensibile, o troppo chiuso. Passionale da sconvolgere.
E ieri mi ha offeso.
Preparo la caffettiera. Un batuffolo di pelo si strofina sulle gambe e miagola dandomi il buongiorno. Musica. L’acqua, la miscela, stringo e metto sul fuoco. La cucina è piena di luce, troppa per una fotofobica. Tolgo le bottiglie della sera prima. Cazzo, sono una casinista. E sento il freddo del pavimento contro i miei piedi nudi. Latte e zucchero. Decisamente poco zucchero. Le cose dolci mi fanno schifo.
Penso a ieri, alle sue mani sul mio seno, mentre mi siedo sul divano. Alle sue braccia e al suo corpo mentre sorseggio il caffè. Musica. Lo voglio di nuovo.  Lo voglio e deve essere mio. E fumo.
Piego le sue maglie. Ancora il suo profumo. Ragione e istinto. Con me ha vinto sempre l’istinto. E la voglia. Alla fine non si va da nessuna parte senza la voglia. Con lui ha vinto sempre la ragione. E torna.
Mi vede e blatera qualcosa sul fatto che ho dormito troppo e che lui è andato al mare. Non mi dà neanche un bacio. Sbuffo un soffio di fumo contro di lui e gli faccio capire che non ho nessuna intenzione di ascoltarlo. Mi fermo, lo guardo, penso a quello che sarà. Di risposta si siede e accende la televisione. Me ne vado in cucina e inizio a preparare. Penso alle vite separate, al fatto che lui non c’è mai. Alle infinite telefonate. Al fatto che non siamo mai andati d’accordo, al volersi e al prendersi, al bisogno di possedersi. Non so neanche a cosa sia dovuto. Perché ci vogliamo.

Non accettiamo niente l’uno dell’altra.
Glielo dico e mi guarda strano.
Viviamo una storia finita.
Già. E vorremo resuscitarci quando ormai sarà troppo tardi.
Accendo un’altra sigaretta contro il suo sguardo inquisitore, prima del suo sospiro rassegnato, deluso. Deluso. Penso a quando gli ho tirato uno schiaffo e lui se n’è andato. E io mi sono sentita libera. E sola.
Ho guardato il muro che aveva alzato senza la forza di scalarlo e gli ho voltato le spalle. E’ stato cercarlo nella direzione sbagliata.
Allora ce ne siamo andati. Tra le lacrime, ce ne siamo andati.
Ma adesso posso ancora guardare lui. Ricordare, ora o mai più. E in quell’istante siamo stati niente. Non abbiamo fatto – nulla. E lo abbiamo deciso. Ci siamo chiusi la porta in faccia e abbiamo continuato a distruggerci, con la capacità cinestesica a mille. Tutto intorno a lui.
Allora mi spoglio completamente e giro per casa nuda, di fronte a una dubbia indifferenza. E mi infilo sotto la doccia. Ci resto un’ora a non pensare più a niente. Esco.
Mi guarda mentre mi preparo, appoggiato allo specchio.
Gli infilo la lingua in bocca per un bacio che sa di fiducia.
Mi stringe i fianchi tra le mani e mi spinge a sé.
Le dita disegnano sul corpo catene invisibili, di legame.
Ma tutto è finito.
Nel tempo.
I ricordi si dissolvono nella rabbia.
 
Le coperte morbide e la flebile luce del mattino. Il tepore.
Una voce, nel buio. Non voglio alzarmi, sto bene qui.
Una voce, una donna e un telefono. La gioia.

Potremo un giorno risolvere qualsiasi problema, ne sono certa.
Sei l’unico e ci sarai sempre. Nella voglia. Tra le lacrime di gioia.
E voglio che mi sposi. 

Le coperte morbide e la flebile luce. Della sera. Il tepore.
La schiena e le spalle. I suoi fianchi.

Se vieni qui non succederà nulla.
E lui viene, speranzoso. E calmo.
Con la sua mano sulla sua spalla, lei si volta.
Lo guarda, lo bacia.
E tutto comincia.
 
Le coperte morbide e la flebile luce. Della sera. Il tepore.
Una voce, nel buio. Non voglio alzarmi, sto bene qui.
Una voce, una donna e un telefono. Le lacrime.
 
Tra le coperte.
Storie nate, vissute, morte su un letto. In mille modi, in mille attimi.
Da cancellare.
Cancellare dal cuore qualcosa che non ha mai vissuto e che non è degno di esistere.
Lo guardi e ti metti in mano qualcosa che brucia e che piange. Lo stringi nel pugno, lo senti dimenarsi, ribellarsi, e lo schiacci. Poi cominci a correre.

Nessun commento:

 
Lost In Tears 4.0 (con)templating Madness