lunedì 1 marzo 2010

Desolated Colours

Spiegare una strada vuota. Silenziosa. Dai desolati colori.
Spiegare una strada vuota e silenziosa, nel circolo dell’anima.
 
Tutto si estende davanti. La vita è una linea, è comune andare avanti e proseguire dritto, con strani cori che alle volte ti fanno tornare indietro come un bagno nella memoria – e nei profumi di un tempo sostare, sostare a piangere fino ad annegare nell’idea, nella rassegnazione, e risollevarsi con bracciate di ottimismo. Ogni fine, paradossalmente, è un nuovo inizio.
Come anni e anni fa, sono tornata indietro, dove tutto è cominciato. Non promette, e io non aspetto, niente di buono.
Ho ricordi incontrollabili di situazioni infinite, che mi sento ancora addosso, profumi che annebbiano la mente, nella lucidità della resistenza e della forza, sui ricordi incontrollabili, nella Musica, la vita come una danza, dove alle volte, stanchi, ci si ferma.
Ci sono momenti in cui ho desiderato avere tutto.
Ci sono stati momenti in cui ho avuto tutto e momenti in cui non ho avuto nulla.
Ho capito che sono, sono e basta. Io.
Meno sola e meno stanca di quanto pensassi, ogni volta che mi sono fermata.
Tutto sommato, sono carattere e atteggiamento che ci contraddistinguono.
Ho cercato di spiegargli il motivo per cui mi faccio influenzare la vita da un gatto e lui non ha capito. Mi ha detto che gli sembrava una stronzata farsi influenzare da un gatto, che era impossibile farsi fermare da un motivo così, che uno deve seguire la propria strada a prescindere, la propria strada, sempre dritto con qualche sosta qua e là, io lì per lì ho pensato che a questo punto non mi sarebbe rimasto niente ad andare avanti così, a liberarsi di ciò che ti obbliga e ti influenza, per andare dritto e basta per la mia strada, e me la immaginavo anche, la strada, silenziosa, silenziosa, e dai desolati colori, andarci dritto e sostare ogni tanto a prescindere da tutto, che schifo una strada così, io pensavo che proprio gli altri nella mia vita erano tutti i colori della mia strada, poi ti senti dire una cosa così, dalla persona che ami, una cosa così, tutto diventa abbastanza triste e spento, occhi appesantiti da un velo messo dagli altri, e ho immaginato tutta la solitudine di un viaggio, ricordando tutti quelli passati, così solitario, arrivato ti senti solo stanco, con ricordi a cuore spento, ricordi solo nel cervello, soddisfatto nell’aver raggiunto l’obbiettivo senza il minimo tesoro ritrovato.
Non so quanto o cosa ti resta se fai un viaggio così, ma la mia vita me la lascio tranquillamente influenzare da un gatto. Piccolo, peloso e spesso antipatico, a parte la notte, la notte quando si mette sulla mia pancia e tra le sue fusa e i suoi baci si fa perdonare qualsiasi cosa, le fusa e i viaggi così.
Mi chiedo se in quel momento lui ha capito che ho smesso di volerlo. Che ho smesso di cercarlo e di averne bisogno. Di essere influenzata da lui nel mio viaggio.
Una parte di buio.
Insomma, io ho sempre creduto che erano le persone i colori della mia strada, e decido ancora io. Chi va dentro e chi va fuori. Lui c’è andato un po’ per conto suo fuori, ma era inevitabile quella spintarella per farcelo uscire, dopo un discorso del genere, genere nero-negativo, oddio, la fuga. La fuga sotto parole che non vuoi sentire, a cui non credi, che ti crollano in testa, e il disagio di aver capito di non aver capito un beneamato cazzo fino a quel momento. La fuga prima del collasso.
Già perché io ho pensato che è tutta una questione di qualità di ciò che si riceve. Ovvio che se uno tutti quegli scrupoli non se li fa prima di andare dritto non si fa scrupoli neanche a lasciarsi dietro qualcuno, - che puntualmente considera di intralcio -, e non si rallenta né si fanno deviazioni per gli intralci, solo per sé stessi. Solo girettini e piccole svolte a destra o a sinistra, il tempo di svagarsi e tornare sulla propria strada, un passaggio nel frattempo, mentre io mi fermo sul marciapiede e lo guardo passare, lui va e io resto con il mio gatto. Ci scambiamo sguardi di complice rassegnazione. Lui va e io mi fermo. Chissà se è chiaro che quella che se ne sta andando sono io.
Insomma, è per dire che la qualità è tutto e so quello che voglio, ma non so se esiste, qualcosa, qualcuno, che qualche scrupolo alla fine se lo faccia, alla fine, se non vuole essere solo, e non è un compromesso, è capire, solo capire. Capire l’altro, andare incontro a tutto ciò che si vuole insieme, insieme verso ciò che si vuole, compromessi come andarsi incontro, a far funzionare la vita come si vuole, a fare ciò che si vuole, troppo presi da noi, da lui e da me, non solo da me, non esiste, di viaggi così ne ho fatti tanti, il problema è che partivo solo io, non lo so, sarà l’età, ma non ho trovato… trovato quello che volevo trovare, arrivare dove volevo andare, eppure non mi sembra neanche troppo difficile, il problema è che ho un sapore in bocca che sa un po’ di delusione, alle volte nella mia vita ho dato colpi di testa in cui la testa me la sono sfasciata, per andare contro a uno scopo che credevo fosse comune, invece, invece un cazzo, non lo so come si fa, ma si fa, ci credo, ci credo ancora, lo rifaccio adesso, il colpo di testa, e lo rifarò sempre, lo scopo è solo mio, alla fine, il problema di quando dai qualcosa a qualcuno è che puoi perdere te stesso, il problema della maggior parte della gente, è che fa fatica, come me, a capire che quando si dà a qualcuno noi stessi ce li ritroviamo tutti in fila che ci stavano aspettando, noi sempre in ritardo, dare per dare, altro che altruismo, è uno svuotarsi completo, un per sempre trovare.
 
Probabilmente non ho detto niente di quello che volevo dire, oppure l’ho detto in modo che non venga capito, o di facile comprensione, ma suppongo conti quanto un bel calcio in faccia tutto questo, fermato dalla paura e solo.
Solo, pur di non rimanere in futuro di nuovo solo.

Il modo in cui tutto – scivola – via.
Ma io non sono di quelle persone che si fermano ad aspettare, sono di quelle persone a cui aspettare fa troppo male. Allora resta solo oltre.

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