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lunedì 1 marzo 2010

Part XI

• 07.02.2008 (2008) - leggi
• Black Nymphalidae (2008) - leggi

Black Nymphalidae | Alle volte bisogna nascondersi a sè stessi per ritrovarsi.

I Demoni dell'Anima.





Seduta sul letto. L'aria sa di stanza chiusa, di sudore, di fumo. Completamente nuda, si volta e vede lui, dormiente. Avvolto nelle lenzuola di cotone e la schiena scoperta.
Queste sono le delusioni che, coscientemente, ci andiamo a cercare scappando. E io cercavo qualcun altro ieri sera.
Ho poco da rigirarmi. Mi alzo e nella penombra esco dalla stanza e mi avvio verso la cucina. L'appartamento è piccolo e spoglio. Pochi mobili ed è disseminato di scatoloni.
Scalza, sento il pavimento freddo. Non ho tempo. Caffè e doccia. Mi preparo per una monotonia che inizia a pesare, sono completamente demotivata a fare ogni giorno quello che faccio. Anche l'ufficio inizia a farmi schifo. Non è essere pendolare che mi pesa, anche se quelle due ore al giorno vanno perse così, ma mi sta bene. Osservo tutto il tempo e penso. E' stare in mezzo alla gente che mi dà fastidio.
Mi chiudo dentro me stessa a sopportare e alle volte stringo i denti talmente tanto che sento il sangue colarmi sulla lingua dalle gengive.
Io sono rabbiosa. E odio sistemarmi da femminuccia perfettina per adattarmi all'immagine.
Anche se sono perfettamente consapevole che la mia capacità di adeguarmi e di attendere, attendere fino al momento propizio, mi ha fatto arrivare fin qui, a discapito degli altri. Io sono ambiziosa. Solo che, poi, andando avanti, mi ritrovo sempre a sbattere contro quel fottuto nichilismo. Sono contraddittoria. Do il massimo in stile Fascista, ma finisco sempre per preferire il nulla alle mie ambizioni. Non è che mi "scoraggio", questo no.
Mi prendo ciò che voglio. Ma quel tutto, che fa parte di tutto il mio mondo, per me non vale niente. Se non fosse per quelle pochissime persone in cui credo, a cui tengo, probabilmente avrei continuato a provare ad uccidermi. Senza lacrime e senza piagnistei. Ho il cuore spento.
Fottuto nichilismo. Probabilmente è l'unica cosa che fa veramente parte di me. Consapevolezza. Contraddittorietà. Quando avevo 15 anni, al primo accenno di sadomasochismo, bilaterale tra l'altro, i miei genitori hanno avuto la felice idea di mandarmi da uno psicologo. Ho pensato che era normale io fossi unica, fossi strana, fossi introversa e agguerrita. Incazzata. Un po' come tutti gli altri. E penso che l'esperienza sia stata fondamentalmente traumatica per loro, non per me. Io ho solo scoperto che la mia contraddittorietà mi avrebbe reso stabile ed equilibrata come poche persone al mondo. Alterno il tutto con tenacia e rassegnazione. Faccio tutto e vivo bene. Sono di quelle persone che non imparano mai dai propri errori, che ci provano fin quando non si annoiano e lo fanno, appunto, per rendere sensata la propria esistenza. In assoluta calma, in assoluta tranquillità, in piena responsabilità scelgo quei momenti in cui devo essere irresponsabile e in cui sciogliere la mia passione.
Sono studiata, calcolata, programmata. Non sentendo niente, invento. In silenzio. Mi alterno. Come tutti. Ma adesso sto scappando.
Ogni giorno, sotto il sole e tra il chiacchiericcio della gente, mi faccio quattro chilometri a piedi. Lì ho tutto il tempo di farmi venire dubbi e paranoie al telefono con lui. Si sa, le donne sono masochiste. E questa è una buona spiegazione: sono donna, quindi sono masochista. Il sadismo è un'altra storia. Le donne non riescono ad allontanare chi amano anche se subiscono del male. E tendo a chiudermi nel mio profumo e a farmelo bastare.
Dopo un po' che stavamo assieme ho capito che non saremmo mai arrivati a un cazzo. E forse è proprio questo che non capisce quando gli dico che gli sono sempre andata incontro. Nonostante questo, nonostante ciò in cui credevo e ciò a cui ambivo non sarebbe mai stato realizzato con lui, ho continuato ad ascoltarlo e a volerlo.
Questo è andare incontro.
Tanto si sarebbe arrivati a un punto di svolta, nel bene o nel male, prima o poi. La situazione sarebbe cambiata per cominciare un'epoca tutta nuova. Non avevo considerato che ci sarebbe potuto essere un momento di stallo lungo mesi, prima, prima di arrivare alla decisione finale. E per una che cerca di essere costantemente produttiva, forse anche in maniera esasperata, è a dir poco straziante. Le situazioni di stallo creano depressione, sensazione di inutilità, inquietudine. Torna il nichilismo. E io cerco di scappare dal mio lato oscuro.
In quei chilometri ho il tempo di bestemmiare almeno a tre automobilisti che non mi fanno passare sulle strisce, di fumare anche tre sigarette e prendere due caffè. Poi arrivo e cominciano quella decina di "buongiorno", mi piazzo davanti al computer scassato verso cui continuano ineluttabilmente le bestemmie e via fino alle quattro che ricomincio a fare chilometri, che a sera sono tra gli otto e i dieci. Questo si, direi che mi pesa. E mi capita sempre di pensare a P., l'amico perfetto con cui, sfiga vuole, non si riesce a beccarsi mai. Ci siamo quando serve, l'uno per l'altra, e questo è più di quanto si potesse sperare, da ricevere da una qualunque persona.
Gli racconto spesso di come mi sta cambiando tutto sotto mano da quando mi sono trasferita. Di quanto sia cambiata la mia vita di punto in bianco, dei miei nuovi amici, dei miei progetti, del futuro. E del passato che ritorna sempre.
G. non è facile da spiegare. Quando iniziavamo a trescare, una sera davanti a un film, gli ho detto «Salvami». Mi ha risposto: «Ci sto provando». E due secondi dopo ripetevano la stessa scena nel film. Old Boy. Io lo conoscevo a memoria, ma G. no ed è stato strano.
Con lui - ho continuato la mia vita senza di lui.
Ma con la sua costante presenza a 700km di distanza.
Non c'era, ma lo sentivo.
Dopo anni non riesco a spiegarmi come abbiamo fatto ad innamorarci così, in compenso so benissimo come abbiamo fatto a smettere e quant'è dura la guerra per difendere quello che abbiamo provato, per difenderlo contro il tempo che passa. Quanto è duro l'odio che si prova quando la persona che ami non ti dà ciò di cui hai bisogno.
Torno a casa dopo treni, pullman, chilometri e troppe persone. Il mio pigrissimo gatto non mi viene neanche più incontro per quei due piani di scale, tanto sa che prima o poi arriverò. E arrivo puntualmente al momento in cui, nella mia stanza, il mio cervello si sfonda a cercare di tritare ancora la massa di pensieri nella mia testa in immagine logica, parole. Prendo il telefono e a lui che è in viaggio scrivo che forse ha preso la strada sbagliata. Che dovrebbe venire qui da me, ma non lo capisce. Le sensazioni si affievoliscono e prendo la macchina per produrre ancora, dato che la giornata non è ancora finita, quindi ancora sfruttabile. Un caffè con J. ci sta tutto, ma appena inizia a lamentarsi per le solite cazzate (per cui, secondo me, manca solo di determinazione) gli dico che ho da fare, che è anche vero, e scappo di nuovo. In giro per i negozi penso ancora alla svolta. A dare una svolta. A migliorare la situazione, a migliorare sè stessi, a stare tranquilli, alla gente che voglio bene, a quello che devo fare, a mia madre che scassa le palle, alle situazioni strane, a V., anche lei non la vedo da tanto, a cosa farò la sera, a fare uscire i cani, a prepararmi, a sorridere anche se non c'è motivo perchè l'atteggiamento positivo è importante, a quello che ho e a quello che voglio. Penso per luoghi comuni. A ciò che serve.
Per un attimo riesco anche a dimenticare tutta la delusione e a cancellare dalla mia testa uno che non c'è mai veramente stato. Poi, compiaciuta, mi rendo conto che non ho fatto altro che pensare a lui ancora. Mi torna in mente che per puro sarcasmo mi ha chiesto di sposarlo, a quanto è stato deficiente a non capire mai che era lui ciò di cui avevo bisogno. Al suo costante ritorno, al suo capire quand'è troppo tardi. Ho solo voglia di mandarlo a fare in culo e andare avanti per la mia strada perchè alla fine la delusione post illusione si supera in ogni caso, sempre e comunque. Anche se dentro so che con me è sincero, cerco di convincermi a posizionarmi su una scelta definitiva. Ma non ci riesco.
Sai, so che sto ferendo tante persone. So che se solo tu me lo chiedessi verrei in questo momento da te. Mi lascerei tutto alle spalle per vederti ogni giorno, per fare quello che mi scrivi così spesso, che vuoi e che non fai. Vorrei diventare guerriera per combattere le tue battaglie, i tuoi blocchi, i tuoi traumi. Trasformerei la mia rabbia in forza e probabilmente per ogni giorno ci sarebbe un buon motivo.
Di nuovo a casa, di nuovo doccia. Si esce. Mi preparo. Non vedo l'ora di annegarmi nell'alcohol, alla fine. Volendo mi metto anche un po' in tiro, mi trucco e mi vesto. In silenzio. Non trovo più la musica giusta. Un tizio, e il tizio lo conosco veramente bene, tra i discorsi mi dice che sono di quelle persone che ti fermi a guardarle. Che speri non parlino mai. Immagini come sensazioni e ricordi, da chiudere, conservare e custodire. So che quello che dico alle volte è frustrante e sono stanca dei confronti. Aspiro all'intesa silenziosa, in cui le parole sono di troppo. Un long island. E magari al posto della coca (che mi fa schifo) ci metti la birra. Già premono per il giro di tequila sale e limone. Mi piace sia il sale, sia il limone, sia la tequila. Ma è un miscuglio che alla lunga ammazza. In effetti aiuta a passare tutta la serata a parlare di ciò che hai fatto durante il giorno, a fare domande su domande e a rispondere a tutte, anche se si è stabilito che dopo le nove il lavoro è un discorso off limits. T. si avvicina e propone sempre la stessa cosa. Prima o poi ce la farai, lo sento. Per quanto sia complicato, appare ma non lo è, tutto mi fa bloccare. La sensazione di colpevolezza e di dolore non ce l'ho nei confronti di G. Con lui mi sembra che abbia perso tutto il perdibile, che io non so resuscitare i morti. E T. mi dice di andare avanti, mi porge la sua mano. Quelle lì si che sono situazioni di merda. G., T., io. Il blocco, lo stallo. L'incazzatura. E si, si finisce per fare cazzate e per non concludere nulla, alla faccia della produttività. Nell'aria fredda della sera. Ci vuole una camminata mentre tutto è ampliato.
Mi fermo.
Dato che tutto è problemi, mi fermo. E' inutile lamentarsi, ed è una cosa che profondamente odio. Mando tutto e tutti a quel paese e raggiungo quell'attimo di tranquillità assoluta che ho aspettato tutta la giornata, tra un pensiero e l'altro. Ogni volta penso che quell'attimo è un addio, un abbandonarsi alle cose pratiche e materiali perchè non ha senso perdersi in ciò che non c'è. Perdersi l'uno fra le braccia dell'altra. Spuntando con una linea ogni progetto, contro quel piccolo lamento che ancora sussiste nella sera.
T. mi guarda. Mi sorride. E ogni suo sorriso mi spiazza, inconsapevole al tutto. E' capace di cancellarlo, quel senso di colpevolezza e di prendersi ogni respiro aritmico. Coordinare un suo gesto a una mia sensazione, mentre mi mordo la lingua perchè il passato che vorrei cambiare non sarà mai così. E ogni giorno ritorno sui miei passi, senza mai arrivare.
Torno a casa infinitamente stanca, conscia di avermi trascinato in un giorno che avrei fatto volentieri a meno di vivere. Il disgusto mi attanaglia ed è tanto forte da farmi chiudere gli occhi. Mi porto la pistola alla bocca. Immagino. E sparo.
Sogno di non vedere mai più T. e mi sveglio sudata e affannata. Sento l'immotivata angoscia trattenermi incredula. Guardo l'orologio. Sono le 04:45 del mattino. Ho ancora il sapore della tequila in bocca e penso che mi viene da vomitare. Fuori è ancora buio, io sono ancora stanca. Chiudo gli occhi e rientro nel sogno. Scatto in piedi all'istante. Accendo una sigaretta e corro in fretta a lavarmi e a prepararmi, perchè devo andare da lui. In macchina mi fermo in aperta campagna di fronte a tutta la mia irrazionalità. Ripercorro tutta una giornata che non mi sembra ancora finita, nonostante io abbia dormito. Guardo il cielo. E mi calmo.


Durante la propria vita, le farfalle cambiano radicalmente la struttura del proprio corpo e le loro abitudini (metamorfosi). Il loro ciclo vitale è caratterizzato da 4 stadi: uovo, larva o bruco, pupa o crisalide ed infine la forma adulta o immagine.
La femmina depone le uova su un vegetale adatto. Dopo un certo tempo le uova schiudono e nasce una larva detta bruco, priva di ali e incapace di volare, che si muove grazie a tre paia di zampe toraciche e alle pseudozampe addominali. Il bruco è privo di occhi composti e di spirotromba. Possiede però un apparato boccale masticatore con delle robuste mandibole, grazie alle quali si nutre principalmente di parti vegetali, soprattutto foglie.
Il rivestimento della larva non si accresce e quindi deve essere cambiato periodicamente per 3-5 volte (mute). Dopo aver subito varie mute cuticulari e aver raggiunto il suo massimo sviluppo, la larva matura smette di nutrirsi e cerca un luogo adatto dove trasformarsi in pupa, sotto una foglia, su un ramo o a terra. Con la seta la larva si costruisce supporti con cui attaccarsi al substrato; la sua cuticola si lacera e fuoriesce la crisalide o pupa. In questo stadio, l'insetto rimane immobile, può essere ancorato a capo in giù ad un substrato mediante un uncino posteriore detto cremaster (in particolare nelle Nymphalidae) oppure la metamorfosi può avvenire all’interno di un bozzolo sericeo o in una celletta nel terreno. In questa fase subentrano notevoli modifiche che porteranno la pupa a trasformarsi in una farfalla adulta. Quando il rivestimento della pupa si lacera, fuoriesce faticosamente la farfalla che, dispiegate le ali, prende il volo.
In genere la vita da "farfalla" è abbastanza breve, varia da qualche giorno ad una settimana o due e, solo in alcuni casi, raggiunge il mese di vita. Non mancano le eccezioni quali le grandi falene della famiglia delle Saturnidae: hanno vita breve e non si nutrono, tanto che hanno perso la bocca per atrofia.


07022008

Ho letto da qualche parte che scrivere è il miglior modo per aspettare senza farsi troppo del male.

Allora voglio raccontare a nessuno la mia guarigione, perchè una cosa è certa: guarirò.
Anche se non so quando.
Deve essere cronaca della morte di una delusione, quindi vita felice, spensierata. Voglio intrappolare i pensieri tristi tra le righe di un foglio, e liberarmene.
Troppe volte da persone diventiamo tombe. Ci teniamo dentro cose che piano ci logorano e velocemente ci uccidono. E tutto si scontra con una voglia, tutto quello che è stato - finisce.
Anche ieri scrivevo. La lettera d'amore più importante della mia vita. E resterà incompiuta.
Mi fa male il mio cuore distrutto, deluso. Si affievolisce il battito con ogni boccata di sigaretta. Riaccellera con ogni sospiro. Nel silenzio.
Battiti e sospiri a scandire un tempo che ci dividerà.
Tempo a fare diventare i miei sogni infranti la strada per andare via.
Ogni pezzo.
Un passo.
Col sapore in bocca di qualcosa che non esiste più, in una giornata pesante.


Giovedì 07 Febbraio 2008
h 12:05


a Peppe

Part X

Giugno '06 (2007) - leggi
Desolated Colours (2007) - leggi
Anima (2007) - leggi
The Child Of Eternity (2007) - leggi
Turn Loose The Swans (2007) - leggi

Giugno 2006

“Liars, false prophets
Cowards, holy whores
Destroy your sickening dogmas


Nei momenti più disparati, a me viene da ridere. Giuro. Anche adesso che la mia vita mi sta scivolando tra le dita, scivolando, tra le dita, e sulla pelle, la vita, chissà se un giorno sarà davvero mio disegno tutto questo, adesso, rido.
Poi, alle volte, sento il vuoto e mi immagino il profumo del mare nel cervello, una Musica nella testa in una strada promiscua al silenzio, nel cervello, e il mare, un odore che non si può raccontare, tutto questo, Musica, silenzio, mare e odore, io che comincio a piangere, così, dal nulla, nel nulla, per tutti o per nessuno, forse solo per me, o per niente, mi è capitato di piangere perché il niente era troppo per me, da spegnere come una candela, con un profumo che si chiama Musica. Mentre aspetto che qualcuno riceva una lettera che io non ho mai inviato, ma che ho scritto, e ho tenuto tra le mani la vita che poi è scivolata via, mentre aspetto che qualcuno che se è andato via ritorni.
C’è chi dice che è tutta colpa mia.
Un volontario bagno nel freddo, quando nella mia testa vedo e sento il mare.
Mi ci infilo dentro, mi aspetto che il freddo diventi abitudine, mentre inizia a girare la Musica, col vento sulla testa e l’acqua ovunque. La Musica, un ricordo e le parole. Le parole. Qualcuno, alle volte, deve dirti cose che conosci già e tu devi stare lì a sentirle, immaginarti tra le mani un mondo che non esiste più e tenerlo segreto. Difenderlo. Difenderlo e urlarlo. Urlare un segreto.

- Mi salverai?
- Ci sto provando.

Turn Loose The Swans

When I was young
The Sun did burn my face.
I left its love and warmth
Wash over me.


Cancellare.
Cancellare dal cuore qualcosa che non ha mai vissuto e che non è degno di esistere.
Lo guardi e ti metti in mano qualcosa che brucia e che piange. Lo stringi nel pugno, lo senti dimenarsi, ribellarsi, e lo schiacci. Poi cominci a correre.
 
Le strade pavimentate, irregolari, bagnate, e le case, veloci nella corsa.
Il respiro spezzato, il cuore vuoto che ansima. I ricordi che non riescono a starti dietro e le gambe che corrono veloci, lo sguardo fisso all’orizzonte. Di colpo si ferma, mani sui fianchi e una risata fragorosa., di vittoria.
Il sudore, il guardarsi indietro e vedere le persone, lontane.
Cercare in tasca la Musica e le parole. Sentirsi al sicuro, e salvi.
 
Le coperte morbide e la flebile luce del mattino. Il tepore.
Non voglio alzarmi, sto bene qui.
I cuscini. Ancora il suo profumo.
Le gambe lunghe e una sottoveste di seta. La voglia di caffè e i passi verso la cucina.
Al solito, era tardi ieri. E di ieri qui si vede ancora il casino. Lui è uscito, sicuramente incazzato per l’ennesimo futile motivo. Che palle.
Non è tanto scontato che una relazione ti renda felice. Noi siamo persone impossibili, intolleranti, volubili. Qualcuno è decisamente troppo sensibile, o troppo chiuso. Passionale da sconvolgere.
E ieri mi ha offeso.
Preparo la caffettiera. Un batuffolo di pelo si strofina sulle gambe e miagola dandomi il buongiorno. Musica. L’acqua, la miscela, stringo e metto sul fuoco. La cucina è piena di luce, troppa per una fotofobica. Tolgo le bottiglie della sera prima. Cazzo, sono una casinista. E sento il freddo del pavimento contro i miei piedi nudi. Latte e zucchero. Decisamente poco zucchero. Le cose dolci mi fanno schifo.
Penso a ieri, alle sue mani sul mio seno, mentre mi siedo sul divano. Alle sue braccia e al suo corpo mentre sorseggio il caffè. Musica. Lo voglio di nuovo.  Lo voglio e deve essere mio. E fumo.
Piego le sue maglie. Ancora il suo profumo. Ragione e istinto. Con me ha vinto sempre l’istinto. E la voglia. Alla fine non si va da nessuna parte senza la voglia. Con lui ha vinto sempre la ragione. E torna.
Mi vede e blatera qualcosa sul fatto che ho dormito troppo e che lui è andato al mare. Non mi dà neanche un bacio. Sbuffo un soffio di fumo contro di lui e gli faccio capire che non ho nessuna intenzione di ascoltarlo. Mi fermo, lo guardo, penso a quello che sarà. Di risposta si siede e accende la televisione. Me ne vado in cucina e inizio a preparare. Penso alle vite separate, al fatto che lui non c’è mai. Alle infinite telefonate. Al fatto che non siamo mai andati d’accordo, al volersi e al prendersi, al bisogno di possedersi. Non so neanche a cosa sia dovuto. Perché ci vogliamo.

Non accettiamo niente l’uno dell’altra.
Glielo dico e mi guarda strano.
Viviamo una storia finita.
Già. E vorremo resuscitarci quando ormai sarà troppo tardi.
Accendo un’altra sigaretta contro il suo sguardo inquisitore, prima del suo sospiro rassegnato, deluso. Deluso. Penso a quando gli ho tirato uno schiaffo e lui se n’è andato. E io mi sono sentita libera. E sola.
Ho guardato il muro che aveva alzato senza la forza di scalarlo e gli ho voltato le spalle. E’ stato cercarlo nella direzione sbagliata.
Allora ce ne siamo andati. Tra le lacrime, ce ne siamo andati.
Ma adesso posso ancora guardare lui. Ricordare, ora o mai più. E in quell’istante siamo stati niente. Non abbiamo fatto – nulla. E lo abbiamo deciso. Ci siamo chiusi la porta in faccia e abbiamo continuato a distruggerci, con la capacità cinestesica a mille. Tutto intorno a lui.
Allora mi spoglio completamente e giro per casa nuda, di fronte a una dubbia indifferenza. E mi infilo sotto la doccia. Ci resto un’ora a non pensare più a niente. Esco.
Mi guarda mentre mi preparo, appoggiato allo specchio.
Gli infilo la lingua in bocca per un bacio che sa di fiducia.
Mi stringe i fianchi tra le mani e mi spinge a sé.
Le dita disegnano sul corpo catene invisibili, di legame.
Ma tutto è finito.
Nel tempo.
I ricordi si dissolvono nella rabbia.
 
Le coperte morbide e la flebile luce del mattino. Il tepore.
Una voce, nel buio. Non voglio alzarmi, sto bene qui.
Una voce, una donna e un telefono. La gioia.

Potremo un giorno risolvere qualsiasi problema, ne sono certa.
Sei l’unico e ci sarai sempre. Nella voglia. Tra le lacrime di gioia.
E voglio che mi sposi. 

Le coperte morbide e la flebile luce. Della sera. Il tepore.
La schiena e le spalle. I suoi fianchi.

Se vieni qui non succederà nulla.
E lui viene, speranzoso. E calmo.
Con la sua mano sulla sua spalla, lei si volta.
Lo guarda, lo bacia.
E tutto comincia.
 
Le coperte morbide e la flebile luce. Della sera. Il tepore.
Una voce, nel buio. Non voglio alzarmi, sto bene qui.
Una voce, una donna e un telefono. Le lacrime.
 
Tra le coperte.
Storie nate, vissute, morte su un letto. In mille modi, in mille attimi.
Da cancellare.
Cancellare dal cuore qualcosa che non ha mai vissuto e che non è degno di esistere.
Lo guardi e ti metti in mano qualcosa che brucia e che piange. Lo stringi nel pugno, lo senti dimenarsi, ribellarsi, e lo schiacci. Poi cominci a correre.

The Child Of Eternity

Guardami.
Guardami.
“Guardami Adesso Che Sono Il Niente”.
 
La musica che scivola nelle parole e sui gesti, adesso che il niente vale niente.
Alla volta di cieli acidi.
 
La sera e il suo profumo. Riesco a sentirlo, il profumo della sera.
Un’altra cosa. Andare avanti e prendersi tutto ciò che deve essere preso. Nei lividi.
Ho le braccia fottutamente piene di lividi. I polsi, a muoverli, mi fanno male. Oppure è l’amaro in bocca a farmi male.
La musica che scivola nelle parole. Questa canzone mi piace, oppure mi piace il fatto che tu sia affianco a me, ad ascoltarla.
La strada e le luci lontane. Rosse. Mentre stai andando via.
Inchiodata e illegale inversione a u. Io che inizio a correre e tu che vai via.
 
Volevo. Una volta.
Adesso mi limito a controllarmi e a decider-mi.
Alla volta di cieli acidi.
L’aria pesante, il profumo, il cielo, le luci e tu che vai. Via.
Di cronaca, lasci una scia di mancanza.
Le mani e la musica che scivola sui gesti.
Me le ricordo le tue mani su di me. Per ricordo ho i lividi, che tu mi hai lasciato.
E che passeranno.

Desolated Colours

Spiegare una strada vuota. Silenziosa. Dai desolati colori.
Spiegare una strada vuota e silenziosa, nel circolo dell’anima.
 
Tutto si estende davanti. La vita è una linea, è comune andare avanti e proseguire dritto, con strani cori che alle volte ti fanno tornare indietro come un bagno nella memoria – e nei profumi di un tempo sostare, sostare a piangere fino ad annegare nell’idea, nella rassegnazione, e risollevarsi con bracciate di ottimismo. Ogni fine, paradossalmente, è un nuovo inizio.
Come anni e anni fa, sono tornata indietro, dove tutto è cominciato. Non promette, e io non aspetto, niente di buono.
Ho ricordi incontrollabili di situazioni infinite, che mi sento ancora addosso, profumi che annebbiano la mente, nella lucidità della resistenza e della forza, sui ricordi incontrollabili, nella Musica, la vita come una danza, dove alle volte, stanchi, ci si ferma.
Ci sono momenti in cui ho desiderato avere tutto.
Ci sono stati momenti in cui ho avuto tutto e momenti in cui non ho avuto nulla.
Ho capito che sono, sono e basta. Io.
Meno sola e meno stanca di quanto pensassi, ogni volta che mi sono fermata.
Tutto sommato, sono carattere e atteggiamento che ci contraddistinguono.
Ho cercato di spiegargli il motivo per cui mi faccio influenzare la vita da un gatto e lui non ha capito. Mi ha detto che gli sembrava una stronzata farsi influenzare da un gatto, che era impossibile farsi fermare da un motivo così, che uno deve seguire la propria strada a prescindere, la propria strada, sempre dritto con qualche sosta qua e là, io lì per lì ho pensato che a questo punto non mi sarebbe rimasto niente ad andare avanti così, a liberarsi di ciò che ti obbliga e ti influenza, per andare dritto e basta per la mia strada, e me la immaginavo anche, la strada, silenziosa, silenziosa, e dai desolati colori, andarci dritto e sostare ogni tanto a prescindere da tutto, che schifo una strada così, io pensavo che proprio gli altri nella mia vita erano tutti i colori della mia strada, poi ti senti dire una cosa così, dalla persona che ami, una cosa così, tutto diventa abbastanza triste e spento, occhi appesantiti da un velo messo dagli altri, e ho immaginato tutta la solitudine di un viaggio, ricordando tutti quelli passati, così solitario, arrivato ti senti solo stanco, con ricordi a cuore spento, ricordi solo nel cervello, soddisfatto nell’aver raggiunto l’obbiettivo senza il minimo tesoro ritrovato.
Non so quanto o cosa ti resta se fai un viaggio così, ma la mia vita me la lascio tranquillamente influenzare da un gatto. Piccolo, peloso e spesso antipatico, a parte la notte, la notte quando si mette sulla mia pancia e tra le sue fusa e i suoi baci si fa perdonare qualsiasi cosa, le fusa e i viaggi così.
Mi chiedo se in quel momento lui ha capito che ho smesso di volerlo. Che ho smesso di cercarlo e di averne bisogno. Di essere influenzata da lui nel mio viaggio.
Una parte di buio.
Insomma, io ho sempre creduto che erano le persone i colori della mia strada, e decido ancora io. Chi va dentro e chi va fuori. Lui c’è andato un po’ per conto suo fuori, ma era inevitabile quella spintarella per farcelo uscire, dopo un discorso del genere, genere nero-negativo, oddio, la fuga. La fuga sotto parole che non vuoi sentire, a cui non credi, che ti crollano in testa, e il disagio di aver capito di non aver capito un beneamato cazzo fino a quel momento. La fuga prima del collasso.
Già perché io ho pensato che è tutta una questione di qualità di ciò che si riceve. Ovvio che se uno tutti quegli scrupoli non se li fa prima di andare dritto non si fa scrupoli neanche a lasciarsi dietro qualcuno, - che puntualmente considera di intralcio -, e non si rallenta né si fanno deviazioni per gli intralci, solo per sé stessi. Solo girettini e piccole svolte a destra o a sinistra, il tempo di svagarsi e tornare sulla propria strada, un passaggio nel frattempo, mentre io mi fermo sul marciapiede e lo guardo passare, lui va e io resto con il mio gatto. Ci scambiamo sguardi di complice rassegnazione. Lui va e io mi fermo. Chissà se è chiaro che quella che se ne sta andando sono io.
Insomma, è per dire che la qualità è tutto e so quello che voglio, ma non so se esiste, qualcosa, qualcuno, che qualche scrupolo alla fine se lo faccia, alla fine, se non vuole essere solo, e non è un compromesso, è capire, solo capire. Capire l’altro, andare incontro a tutto ciò che si vuole insieme, insieme verso ciò che si vuole, compromessi come andarsi incontro, a far funzionare la vita come si vuole, a fare ciò che si vuole, troppo presi da noi, da lui e da me, non solo da me, non esiste, di viaggi così ne ho fatti tanti, il problema è che partivo solo io, non lo so, sarà l’età, ma non ho trovato… trovato quello che volevo trovare, arrivare dove volevo andare, eppure non mi sembra neanche troppo difficile, il problema è che ho un sapore in bocca che sa un po’ di delusione, alle volte nella mia vita ho dato colpi di testa in cui la testa me la sono sfasciata, per andare contro a uno scopo che credevo fosse comune, invece, invece un cazzo, non lo so come si fa, ma si fa, ci credo, ci credo ancora, lo rifaccio adesso, il colpo di testa, e lo rifarò sempre, lo scopo è solo mio, alla fine, il problema di quando dai qualcosa a qualcuno è che puoi perdere te stesso, il problema della maggior parte della gente, è che fa fatica, come me, a capire che quando si dà a qualcuno noi stessi ce li ritroviamo tutti in fila che ci stavano aspettando, noi sempre in ritardo, dare per dare, altro che altruismo, è uno svuotarsi completo, un per sempre trovare.
 
Probabilmente non ho detto niente di quello che volevo dire, oppure l’ho detto in modo che non venga capito, o di facile comprensione, ma suppongo conti quanto un bel calcio in faccia tutto questo, fermato dalla paura e solo.
Solo, pur di non rimanere in futuro di nuovo solo.

Il modo in cui tutto – scivola – via.
Ma io non sono di quelle persone che si fermano ad aspettare, sono di quelle persone a cui aspettare fa troppo male. Allora resta solo oltre.

Anima

Anima.
Il cielo scuro e la quiete dopo la tempesta.
La scogliera.
Il vento veloce, da strappare i vestiti.
Nel freddo.
L’orizzonte. E la fine.
Il sole che va via, nel vento, che annega nel mare.
La luce che scompare.
Il cielo scuro e la quiete dopo la tempesta.

Ho continuato ad aspettarti.
La pioggia. Il silenzio.
Poi la Musica.
 
Ho sognato di guardarti. Qualcosa… come non l’ho vista mai, nel tempo.
Con la paura che ti scorre nelle vene. Contro i desideri.
Sogno adesso. Se vieni inizio a perdermi.

Adesso non ho paura di perdermi.
La corsa a perdifiato verso tutto ciò che voglio.
Ansimando.
 
Fottuta asincronia. Io, lui e il nulla. Il tempo sbagliato.
Sono io che creo il momento giusto.
E ho sognato di guardarti. Qualcosa come non l’ho vista mai nel tempo.
Nelle strade.
Ho girato in macchina per ore, nel traffico, nella musica, tra la gente, con le parole in testa.
Le parole in testa.
Con la paura che ti scorre nelle vene, contro i desideri.
Sogno adesso, se vieni inizio a perdermi.

Adesso non ho paura di perdermi.
Di prenderti. Strappando tutto ciò che ci lega a un passato che non esiste più.
Un gioco troppo grande per entrambi, la vita, o forse fottutamente troppo piccolo.
E l’orgoglio, troppo grande.
Se tu fossi adesso qui, li strapperei tutti quei lacci che ti tengono fermo.
Ma non c’è più voglia.
Non ho più volontà.
Ad occhi chiusi, perché a volte fa troppo male guardare.
Chiusi per spegnere il cervello.
Un salto oltre la riva.
Con i piedi bagnati.
La pelle al freddo. Nel ghiaccio.
Paura di sentire l’unica cosa che si sa ascoltare.
 
Fa lei con sguardo spento, grigio, una sigaretta tra le dita, una di tante, il fumo, la stanza e la finestra. L’orizzonte.
Andare oltre quando non si ha paura. Il tempo. L’attimo che è passato. In ogni fine e in ogni inizio. L’astio. Ma nessun rimpianto. Mai.
C’è chi è destinato a morire con i propri sogni. C’è poco da essere ottimisti quando non dipende da te. Con un fottuto amaro in bocca, che si insinua addirittura nei polmoni, col fumo, l’amaro, nebbia della volontà. Fottuto pragmatismo.
Di parole ormai ne hai sentite tante. E alle volte l’amore è intollerabile. Inutile. Indegno. E devi sopportare. Darsi. E prendersi. E alla fine disprezzarsi.
Adesso “il bastone tra le ruote” me lo tengo ben stretto tra le mani, e sono pronta ad usarlo.
Fottuta asincronia. Io, lui e il nulla. Il tempo è sbagliato.
Ma quasi, quasi lo chiamo.
Oltre tutto, può sempre correre qui da me.
Contro tutto, possiamo stare insieme, anche se il meglio sta sempre da un’altra parte.

Tutto perdere, per sempre trovare.

None Deserves None

None Deserves No One.
So, That's As You Like It.
How Could I.
How Could I Regret,
If None Deserves No One.

Sospendere a divinis.
 
L’aria.
L’aria fredda, da stringersi in un maglione. Tra le proprie braccia. Sulla sabbia.
Con il profumo degli alberi che si ergono immensi dietro di te.
 
Perchè?
Uno da qualcosa si può sempre svegliare. Non ha importanza per quanto, tutto quello, sia durato. Perché uno, da qualcosa, si può sempre svegliare. O andare, in un certo senso, per la prima volta a dormire.
Ma forse sta diventando troppo facile prendere, iniziare a chiudere tutte le porte, davanti a valorosi incapaci di aprirle. Le porte.
Con uno che insegue un sogno in mezzo a miliardi di sogni inutili. Insegue un sogno inutile, ingiustificato e insoddisfacente. Senza pretendere nient’altro. E accontentarsi un po’ come morire. Fino a un basta.
Ma forse sta diventando troppo facile, prendere e iniziare a chiudere ogni porta, davanti a valorosi incapaci di aprirle. Le porte e i valorosi.
I meritevoli.
Fin quando nessuno merita nessuno.
Le porte e i valorosi.
 
Io non lo so.
Tu non lo sai.
E non lo sa neanche qualcun altro.
Dovrebbe essere sufficiente per smettere di farsi domande quando qualcuno perde qualcuno.
In effetti, non ha la minima importanza, se nessuno ti ama.
Né, tantomeno, se tu non ami nessuno.
Nella tranquillità illogica dell’apatia.
Mentre sai che a volte è meglio depositare le armi, nella guerra.
E non perché la stai perdendo.
 
Con il sapore della fine in bocca.
Il sapore di non avere bisogno di nessuno.
E di non volerlo, nessuno.
Presenza inutile e sbagliata in una vita, di un altro, che non hai capito.
Presenze inutili di quando uno sta bene come sta.
Fino a quando c’è qualcuno che riesce a toccarti.
A toccarti, allora è droga e dipendenza.
 
Durante la perdita di ogni controllo.
Parole come musica.
Fil è malata e nessuno riesce a curarla dalla sua malattia. Né scienza né religione, né preghiere. Né miracoli. Di un’aura percepibile a cui ci si inchina, alle volte, di una fierezza brillante. Malata di paura di sé stessa. Uno non ha paura di niente, di niente no, ma di sé stesso sì. Se solo imparasse a chiudere gli occhi ogni tanto e a farsi bastare.
Discorsi come danze.
 
Un altro giorno è finito.
E che uno lo voglia oppure no (perché magari non ci riesce) domani ci si dovrà risvegliare. Con i valori e con altre fini, che per fortuna sono scelte.
E sono stanca che tutto non possa essere semplice come io voglio quando invece lo è. Basta correre. Basta cercare. Basta aspettare.
Basta perdersi.
Tanto, ognuno, nella vita, ha quello che si è meritato.
E allora non c’è neanche problema, se nessuno merita nessuno.
Se l’unica porta che il valoroso è riuscito ad aprire è una porta sul vuoto.
 
Movimento meccanico delle onde sotto il cielo di notte. Contro le stelle.
Il riflesso della luna che spacca il mare.
Se mi accendo una sigaretta sarà la quarta in meno di un’ora.
Per bruciare i pensieri del giorno che è finito.

None Deserves No One.
So, That's As You Like It.
How Could I.
How Could I Regret,
If None Deserves No One.

Transfiguration II

Ho girato il mondo con occhi sognanti
per coprire lo squallore.

E’ giorno, qui. E sono chiusa in una piccola stanza, con una finestra che dà sul niente. La luce è artificiale, ma credo che fuori sia davvero giorno.
E’ un po’ di tempo che sono chiusa qui a fare finalmente tutto. Sto ripercorrendo le tappe che mi hanno portato fino a qui. Ondeggia la musica, “qui”, e la musica, quella ormai è diventata palpabile. Ripenso a tutte le sfumature che ho preso e ho fatto mie. Alle incomprensioni che ho forgiato ad essere lame. Ed è una lunga, - breve - , storia. Di vite fatte di piccoli avvenimenti incancellabili.

Mi hai dato penna e carta, carta pregiata, di un bianco perfetto, portavoce della tua voce. Mi hai chiesto di essere un sadico romanziere. Ancora una volta.

Se si può dimenticare, io non voglio farlo. Ho ferito qualcuno in una maniera tale che sarà difficile dimenticare. E mi ci voglio crogiolare nel rimorso. Voglio ricordare quel momento perché in tutti gli anni di parole adesso ho iniziato ad avere una reale paura di me.
E la cosa mi tranquillizza, perché so dentro che a quello non ci sono arrivata da sola, e non ci sono arrivata per mia scelta. Nell’unico momento della mia vita in cui mi sono fatta prendere per mano, e mi sono fatta guidare e ho seguito, sono stata capace di sfiorare il livello d’animo peggiore, l’odio e la forza più temibile. E ho convalidato tutte le mie tesi.
Ne ho fatto un altro di viaggio, sai? Perché sempre di viaggi, si parla. Ammanettata alla mia bella valigia di sarcasmo. Mi sono attaccata a tutte le emozioni che ero in grado di prendermi dalla vita, senza alcun rimorso, perché ho capito che nel viaggio vero si viaggia sempre in due.
Adesso è un po’ di tempo che sto solamente ricordando. Ogni tanto, mentre faccio una qualsiasi cosa, mi ritorna in testa un pensiero, un’immagine, a volte trovo qualcosa che mi fa da catalizzatore dei ricordi, e più ricordo, più ti odio per tutto quello che sei stato capace di diventare. Voglio che sia chiaro che questo silenzio non vale una parola, dopo che ti ho dato e che ti sei preso tutto.

















 Ho ripreso le buone abitudini di anni e anni fa. Anche se non le avevo mai perse. Adesso, piano piano, si stanno semplicemente concretizzando di nuovo. E quel “di nuovo” vuol dire troppe cose. Qui, stavolta, niente piccole ali che ti possono portare lontano, niente angeli, piccole ali fatte di illusioni, attaccate a gente inutile, diocane, gente inutile, che vive meglio di qualsiasi vero spirito, orgogliosi del niente, che si rigirano nella loro merda come porci in un porcile. Quanti ne ho visti… e quanto è stata grande, enorme, la soddisfazione di riuscire ad essere un miliardo di volte peggio, per colpirli. Colpire. Non ha importanza essere superiore, si deve saper colpire. Si deve saper ferire al punto giusto, al punto, magari, di arrivare a far capire. E nell’unico momento della mia vita in cui il dolore è stato troppo forte da poter essere razionalizzato e morfinizzato, e sospeso, nel niente, e dimenticato, per poter reagire da persona normale, un giorno, nell’unico momento in cui davvero, davvero, ho perso totalmente il controllo e ho capito quanto sia facile, in realtà, essere totalmente padroni di tutto, e divinità onnipotenti delle proprie fottute emozioni, ho buttato tutto nel cesso, e ho preferito la totale apatia alla tachicardica mania di sentimenti troppo forti da calmare, nel momento in cui il sogno più bello è diventato terrore,
quando tu sei stato qui con me,
e io sono stata capace di andarmene lontano al punto di diventare irraggiungibile,
ma sapevi che lo ero sempre stata,
irraggiungibile perché non avresti mai capito da solo come prendermi,
e sono arrivata a spiegartelo,
e comunque non hai capito,
era surreale per te,
l’unica cosa che dovevi fare era solamente seguirmi,
seguirmi,
e non lo hai fatto.
Eri così orgoglioso. Eri talmente pieno di te che volevi che ti seguissi io. E non hai capito che l’orgoglio non c’entrava niente, che non era questione di prendere, ma di dare. E mi hai lasciato in mano una possibilità sola, per andare finalmente via, una sola, per andare via da sola. Mano nella mano con l’astio, e tutte le ferite su di te.
Qualcuno prima mi aveva detto che ero di una dannata semplicità. Ero riuscita ad essere chiara, o avevo trovato finalmente qualcuno in grado di capirmi.

Part IX

Deadhouse (1) T.E.C.O.S. (2006) - leggi
Rainroom (2) T.E.C.O.S. (2006) - leggi
Iseran (2006) - leggi
Angel (2006) - leggi

Iseran

Il principio di una delusione. Facile da immaginare e difficile da spiegare. Si basa su un sottile significato. Sottile. Eppure non me ne capacito. Sottile, ma così semplice da cogliere.
E’ qualcosa che provano tutti, è nella vita normale, ed è una cosa fottutamente normale, ma nessuno cerca di evitarla. Potremmo stare tutti meglio se non fossimo così presi da noi stessi.

 
L’acqua. Guardala.
Torbida e limpida.
La pioggia cade, bradicardia delle onde che si creano.
Non si può aspettare senza farsi del male.
 
L’acqua, torbida e limpida a tratti, del lago. Può diventare uno stagno, quel lago, ma dipende dai punti di vista. Lo guarda, lei, e diventa qualcosa di surreale, con i suoi piedi che penzolano dal ponticello, collegamento metallico tra vari elementi di accumulazione. Emozioni, forse. Pioggia come battito del mondo.
 Allora?
Lo vedi?
 
Violino del cielo. Una lanterna nel buio, nella notte. E gli alberi. Sento l’odore degli alberi.
 
Ti ho portato nel posto più bello del mondo.
 
Gli occhi chiusi. Gli occhi chiusi perché a volte fa male guardare. In Oceano Mare ho letto che c’è un posto nel mondo in cui si può essere invisibili a qualsiasi nemico.
Violino di un cielo che si scatena. Fino alla tachicardia. La vita… è così semplice. Così dannatamente semplice. Ti basta entrarci, in questa corsa, e correre a perdifiato, durare, tenere i denti stretti, fermarti, fare quello che vuoi e continuare, tanto prima o poi arriverai, da qualche parte, arriverai comunque, il segreto, invece, sta nelle scelte, la direzione, o farsi trasportare, magari qualcuno vuole che abusi di lui o lei, in una piacevole danza, purché sia pulita la danza, arrivare a una musica scritta per essere danzata, una musica. Assoluta schizotimia, per un’unica volta, in due, in un colossale impeto.
 
- Tu non sei nessuno per me. Non sei niente.
- …
- Non sei niente.
- Si?
- Sì.
- Beh…
- Cosa?
- Non lo so.
- Che?
- Cosa ti fa pensare che volessi essere qualcosa per te?
- …
- Beh,
- …
- Io volevo solo viverti, non averti,
- …
- Non volevo essere qualcosa,
- No,
- O qualcuno,
- Tu sei completamente pazza.
- Io volevo solo viverti.

La gente, la maggior parte, non lo capisce, il significato sottile, non capisce che basterebbe un nonnulla, cristo, niente, per stare bene, il segreto, quello sta nelle scelte, la delusione sta nelle persone, nessuna fottuta enfatizzazione, non serve, è facile dare ginocchiate nelle palle quando ci si sente feriti, ma far capire, questo no, il principio sottile della delusione, quando alla fine sei solo un giochetto, un giochetto della vita o il giochetto di qualcuno, un fantoccio di vario materiale vestito da bambina, o da donna, di carne, non puoi sfracellarmi contro un muro, i cocci esploderebbero in mille pezzi pronti a tagliarti la carne, non puoi aspettarti ch’io stia lì ad attenderti, sarebbe una lenta agonia, sensibilità dolorifica dannatamente amplificata nei giorni, nei minuti e negli istanti, e finita irresolutezza del desiderio.
 
Non ho mai avuto il bisogno di averti per viverti, anzi.
Più eri libero, più eri mio.
Ma eri troppo preso da te stesso per vedermi.
C’è anche chi dice che mi hai distrutto.
 
Sintomo nervoso e senso di angoscia. Sdegno, furore. Io non ho paura. Non ho paura di stare qui. Do tutto alla gente, allora non ho niente da perdere, perché si può perdere solo sé stessi quando dai tutto alla gente, dato tutto, messo tutto, preso tutto, alle volte, è quando te ne vai il problema, quando, e se, loro se ne accorgono che sei andato via, il problema, che perdita di tempo può essere, un valore insopportabile che ti si insinua tra le dita e sulle labbra, quando è troppo tardi.


Rainroom (2) T.E.C.O.S.

Facciamo così, facciamo un’ipotesi, facciamo che l’unico punto fermo nella mia vita l’ho trovato e quel punto sono io, facciamo che è un punto incostante e facciamo che è un sogno, facciamo che mi sono svegliata alle 19.45 di un qualunque mercoledì pomeriggio e facciamo che mi sono svegliata terribilmente sudata, facciamo che mi sono svegliata con la stessa voglia di stamattina, la stessa voglia di bere, e facciamo che mi sono svegliata nella stessa identica situazione. Facciamo che io non ho bisogno di tutto questo.

Mute and sick.

Una bambina cammina per le strade della sua città. Una città vecchia, stile classico o quasi medioevale, stradine piccole fatte di pietra, piccole salite e piccole discese, piccoli archi ed erba che cresce su nei muri, sotto il sole. Ogni tanto questa bambina prende e se ne va, e comincia a girare per le stradine di questa città, settantacinquemila abitanti, centro storico di pietra e periferia di asfalto arido, campagna secca tutto attorno, cosparsa di ulivi e di grano.

Allora lei prende, a casa si fa uno zainetto, se lo mette in spalla, dice alla mamma che va giù a giocare con gli amici di quartiere, invece prende e si mette a girare, si fa la prima stradina, si fa la seconda, per andare ogni giorno un po’ più lontano e conoscere la sua città, per vedere cosa fa la gente durante il giorno, adesso solo durante il giorno, una volta una signora stende i panni, una volta un’altra se ne sta seduta ore ed ore su una sedia fuori al suo piano terra, un’altra un signore se ne sta a fumare fuori al balcone con la faccia scocciata perché qualcuno da dentro gli urla dietro, vede altri bambini che giocano, altri mano nella mano alla madre o al padre, altri picchiati nel bel mezzo di una strada, e se lo tiene tutto dentro, segreto, e prima di cena torna a casa, mangia e non dice nulla, se lo tiene per sé e dopo lo scrive tutto su un piccolo diario, aggiornato giorno dopo giorno, e dopo anni conosce un uomo, lo uccide e lo scrive.

Un giorno una ragazzina si sveglia e pensa a quello che ha fatto, ha finalmente cominciato ad uscire la sera con una sua amica, torna presto, questo sì, ma aspetta sempre quell’orario per prepararsi e andare via, e aspetta di tornare per fare cronaca sul suo piccolo diario che sta in un cassetto, sempre quello, da anni e anni, oggi ho conosciuto uno, oggi ho conosciuto un altro, e ho incontrato una ragazza, quel tipo mi piace, quello mi sta sul cazzo, oggi mi ha fatto incazzare mio padre, mi hanno trattato come una cretina, mi sono divertita, ho fumato, mi ha telefonato quel tizio e mi ha chiesto di uscire e io gli ho detto che se ne poteva andare a fanculo, stasera sono uscita e mi sono presa una birra, sai diario ho cominciato a fumare, ieri sera mi ero vestita così, oggi ho avuto un’idea, oggi ho visto qualcuno che mi sembra già di conoscere, mi sembra di averlo già visto, sì, da qualche parte prima, in qualche strada.

Una quasi maggiorenne si sveglia e comincia a piangere, prende il diario che da anni è nello stesso cassetto e lo apre, inizia a scrivere e continua a piangere, mette su un cd e continua a piangere, domani parto, scrive, e mi lascerò tutto questo dietro, domani parto, allora, finalmente, e dimenticherò tutto questo, piangendo, dimenticherò tutto questo, piangendo di gioia, nuova vita arrivo, scappo, perché c’è qualcuno che mi aspetta in un posto lontano.

Oggi una donna scrive da un posto lontano, la sua vita è cambiata, lei non più di tanto, forse solo d’aspetto, allora lei a un certo punto della giornata si siede su due cuscini azzurri a terra, sopra un tappeto mezzo bianco e mezzo marrone, si accosta trascinandosi al comodino, apre il portatile e lo accende, documenti, lost in tears, nuovo, documento di microsoft word, pensa un po’ a come dovrebbe intitolarlo, stavolta, e comincia a pensare davanti a un finto foglio bianco, il diario è finito e così ci mette meno tempo, ripensa agli urli e ripensa ai pianti, agli scatti di violenza, pensa alla rabbia, a tutta la rabbia, magari non sarei mai diventata così senza tutto quello che mi è successo fin ad ora, allora forse devo essere anche un po’ felice, un po’ felice per tutto quello che nella mia vita è successo, anche se adesso, in questo fottuto momento, l’unica persona che voglio, cristo, l’unica persona che voglio, che voglio davvero, non mi capisce, non ha idea di chi io sia, non ha idea di cosa pensi, non ha idea di cosa voglia, non ha idea di dove voglia andare, scappare ancora, in un posto lontano, ho sognato che qualcuno che ho aspettato per tanti anni finalmente è arrivato, mi è venuto a prendere, siamo andati a Berlino, Berlino, chissà perché Berlino, poi, siamo andati via, poi il telefono ha squillato e mi hanno svegliata, ho odiato chi mi ha svegliata, ho continuato a dormire solo per quel sogno e a un certo punto mi hanno svegliata, ho dormito 12 ore per continuare un sogno, diocane, ed è finito.

Mi sono arrampicata per quattro piani per arrivare alla tua finestra e vederti dormire per innumerevoli ore. Ti ho visto dormire e sognare, muoverti, sospirare e parlare, da dietro la finestra, sospesa su un vento freddo.
Se fossi almeno un po’ normale, facciamo un’ipotesi, se fossi almeno un po’ normale, adesso starei decisamente meglio, o sarei talmente vuota da non riuscire a provare nulla per stare male.

Facciamo un’ipotesi, se ho la possibilità di ucciderti, un giorno prendo e impazzisco e ti uccido, sì, ti uccido, magari arrivi ad essere un po’ come me e arrivi a capire.
Facciamo un’ipotesi, facciamo che ti fermi completamente e cominci a fare i conti con te stesso e non resisti e non ci riesci e vuoi tornare indietro ma non puoi e vorresti scappare, allora, e vorresti rinchiuderti tra le mie braccia per essere protetto. Facciamo che cominci a fare i conti con te stesso. Facciamo che finalmente questa realtà la capisci e la affronti. Facciamo che capisci che io sono una bestia e te un autistico del cazzo.

Mi sono svegliata un giorno e ho visto che tutto quello che avevo nella notte era crollato, e ho pianto. Vivo nell’instabilità di un sogno e nella sua volubilità.
Ora, dopo di lui, ho ancora speranze. Io sono quello che sono.

Ho tre grandi passioni nella mia vita. Tre grandi passioni, una enorme delusione, incostanza, allucinante impulsività e carnalità. Nessuno riesce a tenermi testa e sono così solo per divertimento, proprio nel senso che mi diverto a vedere cosa fanno le persone quando hanno me davanti che sclero in un flusso di coscienza che farebbe tremare il più pazzo dei pazzi. E sono praticamente amorale. Sono egoista per metà della definizione e ho un atteggiamento che è sostanzialmente accentratore. L’unico mio valore morale, l’unico a cui davvero mi prostro, è la sincerità, la schiettezza. Chi mi conosce lo sa. Mi faccio ben pochi problemi. Questo implica avere strani rapporti con la gente, ma non saprei come essere diversa o come vivere diversamente. Mi sento un po’ un animale da circo, ma nel fare i conti preferisco questo ad altro. Ma sono arrivata a un punto morto, di stallo, e non riesco più a trovare le parole.

Vivo nell’instabilità di un sogno e nella sua volubilità. E io sono quello che sono.

Ho un’immagine nel cervello, che gira. Un giorno io mi sveglierò e tutto il mondo sarà cambiato, e tutto quello sarà finito. La sensazione che il silenzio sia cambiato e che non ci sarà nessun angelo di Transfiguration a proteggermi. Alla fine, siamo soli. E anche all’inizio. Tutto sta ad essere immensi padroni di noi stessi in una vita fatta di instabili e volubili sogni.
Ci sono le emozioni e ci sono le parole. C’è una assurda, cinica, lucidità. E un allucinante, intenso, impeto. Una specie di viaggio sul mondo, e dentro le persone. Quando passi ci entri dentro, in un freddo brivido. Tremante. Piccoli shock. Emozioni improvvise e violente. Percosse sul corpo. Ci finisci collassato. E in questo ci sta tutta la poesia, nel rialzarti massacrato e trasfigurato.

Ti fai problemi lo so. Non hai neanche il coraggio di chiedere un bicchiere d’acqua a un tizio e invece, magari, te lo scoperesti con tutta la naturalezza del mondo su quel cazzo di letto. Come se piangessi per un’emozione troppo forte.
Quando improvvisamente ti fermi mentre cammini in mezzo alla strada, o mentre stai facendo una qualsiasi cosa, e ti rendi conto che magari non ci stai tanto con il cervello e meccanicamente ti limiti. Cazzo, io non ci sono mai riuscita. Anch’io ogni tanto mi fermo e mi dico che non ci sto tanto con il cervello… e alla fine mi dico puntualmente che non mi serve. E ti faccio una bella impressione del cazzo.

"Ho visto tutto finire molto tempo prima che finisse.
Abbiamo visto tutto andare via e
poi io ti ho visto andartene con lui, e io non posso controllare più niente.
Quando mi hai detto che la vita non può essere quello che vuoi e io voglio davvero tutto."

C'era troppo casino in quel posto. La gente, centinaia e centinaia di persone, andava e veniva come se fosse assolutamente normale farlo, e niente di straordinario in quella massa di vita, tutta quella gente in una sola stazione a 25 binari tra arrivi e partenze, e il sole, caldo nel freddo di ottobre, e arriverà tra un po', anche se non se l'aspettava, anche se è un'improvvisata, arriverà, tra un suo impegno e l'altro, e sarà felice per questo, perchè io sono qui per questo, e arriverà e noi, insieme, andremo via, adesso che c'è tanto spazio in me anche per lui, e nel frattempo aspetto e penserò a tutta la mia vita, sono una grande stronza io, mai avuta pietà per chiunque cercasse di avvicinarmi e di avermi più di quanto io avessi consentito, era terribile, ma nessuno capiva, nessuno, e adesso lui, ed è iniziato tutto come un gioco, lui era lontano e io volevo solo divertirmi, poi sono entrata in lui e lui è entrato nella mia vita, un gioco, un flusso di coscienza ed un rifiuto, è quello che ricordo adesso, quando ci penso, qualcosa di troppo grande, bruciato, lui e l'attesa, e quando ci penso a lui quasi mi sale lo schifo, ma non sapeva e non voleva amarmi per quello che io sono, piccolo essere infelice e grande, la vita fatta di sfumature, la mia vita fatta di sfumature, perchè sono le sfumature a dare vita ai colori.
Dopo anni so che lui, quel giorno, non è mai venuto.
L'ho aspettato e lo sto aspettando. E' inutile dire che l'attesa uccide, soprattutto per chi, come me, nella vita è sempre stato bestia forzata degli eventi e per un'unica volta è partito e non è più tornato.

"Ho visto tutto finire molto tempo prima che finisse.
Abbiamo visto tutto andare via e poi io ti ho visto andartene con lui, e io non posso controllare più niente.
Quando mi hai detto che la vita non può essere quello che vuoi e io voglio davvero tutto."

Ti ho sognato. In un istante mi sono ricordata tutto quello che è successo. Tutte le emozioni protratte per così tanto tempo. Non so neanche come sia stato possibile. Penso che se tu fossi qui, con me, il mondo scomparirebbe. Penso che se tu avessi il coraggio di stare qui, con me, questo mondo sarebbe migliore. La gente deve trovare la propria strada. Io i mezzi per seguire la mia.

To me it is strange. This feeling is strange. But it’s not gonna change for anybody. But it’s not gonna change for anybody.
 
Accuse me.
Trust me.
I never knew that you were the one,
You were the one
Oh.
 
It’s happening soon. It’s happening soon.
Its scent has been blowing in my direction.
To me it is new To me it is new
And it’s not gonna change for anybody. 

And it’s gonna be
Our last memory.
And it led me on
And on to you.
 
It’s got to be here.
It’s got to be there.
It’s got to be now.
Or I’ll lose forever.”

Voglio guardarti quando sei qui, davanti a me.
Voglio guardarti.
Negli occhi.
E voglio che mi guardi.
Voglio che in quell’istante
Trovi tutto il coraggio che ti serve
Per fissare ogni più piccolo particolare di me
In un ricordo che dovrai conservare.
Voglio guardarti negli occhi.
Voglio mettere In Your Shining Eyes.
Dopo tanto tempo,
Voglio che il mondo finalmente scompaia.
Voglio guardarti
Mentre trattieni il respiro
Mentre ti sfioro le labbra con le dita
Mentre ti accarezzo il viso con le mani
Mentre mi avvicino
E ti stringo a me graffiandoti la schiena.
Mentre ti bacio
Per la prima volta
Con una mano su un fianco.
Con una mano su un fianco e gli occhi chiusi.
In un gemito.
La mia pelle sudata, contro la tua,
per un abbraccio freddo.
Per un abbraccio che tutto toglie e tutto porta,
solo per quell’attimo.
Solo per quell’attimo ti riempie.


Alla gente che fa parte di un tempo lontano. A chi pensa di avere capito tutto della vita. A chi pensa di avere capito tutto della mia vita. A chi crede di amarmi. A chi credo di amare. A chi in un giorno lontano per un unico istante è stato solo con me e mi ha cambiato la vita. A chi ho sfiorato in tutta la mia vita per un’unica volta sulla mano. A chi aspetto che ritorni. A chi aspetto che semplicemente arrivi. A chi voglio che finalmente vada via. A chi mi ripete sempre che sono pazza, che non ho un cazzo di senso, e mi fa piangere. Agli attimi passati a pensare. A quella piccola violenza che arriva quando mi fai arrabbiare. Alla birra, alla musica e alle sigarette. A Socrate e a Metalhearts. A Metalhearts che alla fine è stato solo Gatsu, per me, che mi ha cambiato la vita. Ai cuori che battono nelle direzioni sbagliate, ancora. A Michela. E a me.

To sever myself
Exit all today
You can't see this
Did you ever say
I break sever
I will find a way
Visit me when I'm there

The weakness of hope
Is the strength of decline
Remember what's past ways
And what I've become
And this time I break
I will never make
Another day
Defiant to what's delivered
The joy of not being
Something I need
I'm only weather
But only to me

Deadhouse (1) T.E.C.O.S.

Supponiamo una cosa, adesso, facciamo così, proviamo a cercare di spiegare in un altro modo abbastanza semplice, per ipotesi, sì, facciamo un’ipotesi, facciamo che un giorno mi sono svegliata e dato che era tanto, un sacco di tempo, che sentivo dentro che mi mancava qualcosa di essenziale per essere felice, sono entrata in una stanza e un biglietto di viaggio mi è caduto tra le mani, un viaggio, non ci avevo mai pensato, credevo che non fosse possibile, fare un viaggio, non ci avevo mai lontanamente pensato, forse brevi gite, ma viaggi no, mai, ed ecco adesso che mi ritrovo un biglietto tra le mani, non è neanche troppo lontano il posto in cui devo arrivare, no, non sarà facile, questo no, quando mai qualcosa è facile, allora devo solo scegliere, partire oppure no, lascio tutto e parto oppure resto ancora qui, no, non è facile, il tempo che ci metto a decidere arriverà lui prima di me, da me, un viaggio, non so se voglio farlo questo viaggio, non so se ne ho il coraggio, non so se sarà rischioso, ma ho paura, e la paura non fa neanche in tempo a salire che il treno è già davanti a me, non lo so, non so se devo salire o tornare nella mia camera in affitto, l’ho scelta io quella camera in affitto, e sono andata via da casa mia per entrarci, ma alla camera non ci penso neanche tanto, non vale la pena continuare a stare in un posto che non è e che non sarà mai tuo, ci sono i ricordi, sì, ma i ricordi se ne vanno se non ti soddisfano abbastanza, e io sono davanti al treno, salgo e il treno parte, è partito, non ha neanche chiuso la porta e già è partito, e c’è tanta luce, troppa luce, accecante, corre, tutto entra dentro, tutto quello che c’è fuori è nitido e visibile, ma il treno va troppo veloce per capire bene cosa ci sia davvero fuori, inizio a tremare, cazzo sto tremando, e sto ascoltando una canzone, sempre la stessa, poi finisce e quando finisce scendo, prima stazione, il treno non se ne va, me ne vado io, sono scesa poco lontano e me ne sto andando, ho avuto paura, mi sento ancora l’adrenalina della corsa addosso, ma ho avuto paura e me ne voglio andare, magari mancherò a qualcuno nella mia camera in affitto, magari prendo un altro treno e torno a casa mia e mando tutti a cagare, e allora mi giro e inizio a camminare per la mia strada, cammino, vado avanti, poi mi volto, il treno è ancora lì e qualcosa mi dice che ho fatto un errore, ma non so se è giusto andarmene così, e in quel momento mi chiamano dalla mia camera in affitto e mi chiedono dove cazzo sono finita e io dico che sono sempre stata lì, e ripenso alla solitudine in quella camera del cazzo, mi volto, faccio uno scatto e corro verso il treno, ci salgo, la porta non fa neanche in tempo a chiudersi che siamo di nuovo in viaggio, siamo, siamo perché siamo in due, io e un tizio e fin adesso abbiamo solo guardato fuori, chissà se attaccherà bottone e mi dirà qualcosa, chissà se sarò in grado di dire qualcosa di decente senza rovinare tutto e magari non passare il viaggio da sola, ma per adesso abbiamo solo guardato fuori, con gli occhi nella luce, nelle cose che passano, nei colori e nei profumi, i profumi, il profumo della pelle, alle volte, il profumo della pelle è troppo forte, lo sento anche se è lontano da me, mi richiamano dalla mia camera in affitto, rispondo che non torno e che non mi devono scassare il cazzo, allora mano nella borsa, sempre la stessa, quella è un ricordo di una persona che non è mai stata come volevo io, prendo le sigarette, ne metto una in bocca, la tengo stretta tra le labbra, mentre nella luce cerco l’accendino, l’accendo, un grande lungo tiro, poi tutto fuori, fumo denso e disegni nell’aria, galleria, ho paura, sta durando tanto il buio, non vedo niente, solo il fuoco della sigaretta, non riesco a vedere nient’altro, un buio che dura una vita, mi prende la tachicardia, è tornata la luce, lui è davanti a me adesso e mi prende un colpo, mi chiedo cosa ci stia facendo lì a fissarmi e cosa ci faccio io qui a fissare lui, con la sigaretta in mano e la voglia di birra che ho tutte le sere, ma adesso non è ancora notte, ho una fitta, il braccio sinistro mi tira e mi brucia, una sensazione forte di dolore, che strano, così all’improvviso, ma non mi allarmo perché un dolore così l’avevo già provato, ma torno a tremare, lui si avvicina e sento la sua pelle, e tutto si ferma, per un piccolo istante tutto si ferma, e arriva un’altra galleria, penso che voglio bere fin quando non muoio di dolore, berrei anche adesso, ma sono le 10.46 di mattina e quello che provo mi spaventa, e sono stanca, sì, tanto stanca, stanotte per qualche forse inutile motivo ho dormito poco più di due ore e mi sono svegliata alle 4.47 spaccate e non sono più riuscita a dormire, ed ero scesa dal treno, sì, sono scesa dal treno, ho pensato avessero sbagliato passeggero e sono scesa, non sono ancora andata via, questo no, ma sono scesa, il treno non lo vedo più, penso sia ripartito, e ho messo un’altra canzone, anzi, ne ho messe tante, magari mi aiutano a capire qualcosa, e mi accendo l’ennesima sigaretta qui davanti e cerco di capirci qualcosa, penso che alla fine è stato troppo facile, ma se mi hanno lasciato scendere ci sarà un motivo, o forse mi hanno lasciato andare via proprio perché il motivo non c’era, e ho un sacco di cose per la testa adesso, forse dovrei risistemare la mia camera e attaccare tutti i testi che ho trascritto, devo spostare il pc e devo sistemare la ciabatta che se si sovraccarica è un casino, cazzo, il gatto, ogni tanto non me lo ricordo che c’è, penso che dorme, dorme sempre con la lingua di fuori e mi fa le fusa quando arrivo, allora arrivo e mi metto a letto, aspettami, lui mi aspetta e si mette a letto con me, che bello diocane, arrivo, ho ancora una canzone da ascoltare prima di andare definitivamente via, magari così l’odore della sua pelle andrà via, andrà via, magari mi manca dopo, sì, magari arrivo e voglio rivederlo e non ce la faccio più, sì, magari a un certo punto impazzisco e capisco che sto andando avanti senza punti fermi da un sacco di tempo, ma che anche se sono scesa ho ancora il suo profumo nel naso, penso che per un istante mi ha visto tremare e che non mi sono fermata, ma qualcosa è andato storto, magari devo solo aspettare che arrivi il fine settimana per avere le idee chiare, magari devo solo riuscire a mettere un punto. Un punto a tutto questo. Dimenticarmene, poi andare a capo.
 
May I Kiss Your Wound…?
Maybe that will heal my soul.
Free me from this tomb,
Light my darkness.
Make me whole.
Let me take your hand and together we shall fly
To a lonely place where as lovers we can die.
In a land so dark
Of seven moons
Eternal night
In this land of (a) thousand stars
Yet for us
There is no light.
 
May I Kiss Your Wounds?
Maybe that will heal my soul.

Laying - Der Abschied

Ho scoperto che c'è un posto nella mente dove il presente si incontra con il passato e iniziano a parlarsi.
 
Ho scoperto che l'unico modo per vivere bene è essere morti.
 
Ho scoperto che in questo mondo non è possibile amare.
 
Ho scoperto che l'unica cosa vera è l'istinto e io lo seguirò, a costo di morire. Ancora.
 
Ho scoperto che c'è un posto nella mente dove il presente si incontra con il passato e iniziano a distruggersi.

I’m
Laying
Here… Oh, So Peaceful.
In Serene
Harmony
I’m Dreaming,
Yet I Feel Awake.
I’m Dreaming,
Yet I Am Awake.

Ho scoperto che c'è un posto nella mente dove il presente si incontra con il passato e iniziano a parlarsi.
0…- Te stesso. Un infinito mondo. Infinito. Ogni tanto si unisce ad un altro, spesso collide. Spesso crolla su sè stesso. E poi c’è il giorno dopo per ricominciare. Un nuovo sole. Una nuova luna. Una nuova vita ed armonia. E tutto gira. Gira. Di nuovo. A volte, inspiegabilmente si ferma. Frena. Poi riparte, più velocemente.
    Allora ti alzi un giorno e pensi che tutto quello sia finito.
Eppure sai, sai dentro, che ricomincerà.
Cosa?!

"Uccidetevi...!
(Ma nell'unico modo in cui non è possibile morire...)
Non respirate...!
(In un attimo sarete soli con voi stessi...)
Resistete...!(?)"

Penso spesso a casa, a casa “mia”. Adesso che me ne sono andata è ri - “diventata” mia. Perché le cose diventano di qualcuno, e come ci diventano così se ne vanno… Se ne vanno i pensieri, se ne vanno le emozioni, se ne vanno addirittura i ricordi, in un modo che tu non hai deciso, in un posto che tu non hai deciso. Allora ti chiedi chi sei tu, se “tu” sei ed hai qualcuno e qualcosa che è solo tuo, che è tuo, che lo è e che sempre lo sarà.
Ti guardi intorno, allora, e guardi i tuoi oggetti, le cose che dovrebbero rifletterti. Ti guardi intorno e vedi le persone a cui, fino a cinque minuti fa, hai detto “ti voglio bene”, ti guardi intorno e vedi di fronte a te la persona a cui, fino a cinque minuti fa, hai detto “ti amo”, e adesso non la riconosci più. Non la senti più. E’ diventata un ricordo lontano, e adesso riesci a guardarla con indifferenza, la guardi con freddezza. Se ne va e tu non sai se dirgli resta qui, e per fare che? Per essere, insieme, chi? Per riempirci di schifezze che non ci sono appartenute e che non ci apparterranno, cose che poi diventano schifezze, perché tu stai male allora tutto fa schifo, stai bene e tutto diventa bello, e superfluo, perché non è tuo, non fa parte di te, non è dentro di te, perché tu non hai un cazzo di niente, hai solo questo fottuto cervello che gira e non decidi tu di chi innamorarti, hai le parole, le puoi scrivere, quelle sono tue, quelle sì che sono tue, decidi tu come farle diventare, in che modo devono fare male, in che modo, bello o brutto, devono colpire, se devono colpire.
Un giorno è così, l’altro è diverso. E’ cambiato. Il prima devi cancellarlo, te lo devi scordare, col presente non ha un cazzo a che fare, e per quanto uno voglia sbatterci la testa per far tornare tutto come prima non può. ‘Sto cazzo di presente non si tiene niente né del passato, né del futuro, è un fottuto attimo che decide per sé. Basta una parola sbagliata, o anche giusta, e anche il cervello inizia a decidere per sé, anche cose che non vuoi, decide di dire cose che non vuoi. E tu non sei più padrone di un cazzo, no. Non lo sei mai stato. Perché se una parte di te decide da sola, senza di te, anche una sola volta, tu non lo sei mai stato, e tutto in quel momento è di qualcun altro, hai gli occhi, puoi guardare, puoi assistere, puoi ammaestrarti, puoi tirare testate contro il muro e la situazione comunque non cambia di una virgola.
 
Il silenzio.

Ho scoperto che l'unico modo per vivere bene è essere morti.
I…- L'odio. L'odio represso. L'odio costante. L'odio perenne. Contro tutti, contro tutti quelli che mi hanno fatto male. Già. L'odio verso tutti, che non potevo sfogare. No. L'unica via d'uscita, l'unica cosa che mi faceva stare meglio era tagliarmi. Il sangue. Il mio sangue. Mi tagliavo e non odiavo più. Tutta quella merda che avevo dentro usciva. D*****e… usciva. Ora ho il braccio massacrato.

“Interminabile il viaggio per arrivare dove si è già.
Tutto quanto credevo essere solo ideale
- Utopia -
Una mera illusione immateriale
Qualcosa con cui tenere viva questa vita
Atrofizzata nei propri giorni
Si rivela pura realtà.
Lunica.
[…]
Io sono in te, mi senti?”
 
Ho scoperto che in questo mondo non è possibile amare.
II…- Ancora una notte insonne, ancora un´alba che illumina la terra e spegne le stelle.
I rumori della strada hanno spezzato il silenzio: ora non riesco più a sentire la pioggia che cade.
Non posso più nascondermi nel buio, non posso più nascondermi in un angolo di questa casa a pensare... e a sentirmi sicura.
La luce ha portato via la mia quiete, ha illuminato me stessa in modo che tutti possano vedere cosa sono, possano sentire cosa sento.

“...Mi senti?
E allora perchè comunicare quando tutto questo è già noto?
Parlare da soli non vuol dire forse essere pazzi?”

III…- Mi sono accorto che io condivido momenti della mia vita con delle persone, ma non divido niente di me stessa con nessuno, nemmeno con me stessa.
Io sono la persona di cui mi sento più delusa, anche di questo mi sono accorta.

IV…- Vento… freddo. Un cielo nero.
La notte che viene.
La pioggia.
La spiaggia.
L’attesa.
Un pensiero.
Uno sguardo triste.
La rabbia e un uomo che si accascia al suolo, in lacrime.
Le sue grida.
Il pianto.
Le orme disegnate sulla sabbia bagnata, spazzate via piano dal vento.
Un lamento.
L’acqua gelida e i vestiti bagnati.
Il buio.
Il sangue.
 
V…- Il vento.
Il buio.
La mente vuota.
Il silenzio e una canzone. Anathema. Angelica.
Ed allora il silenzio è silenzio.
C’è una lacrima che scende lenta, taglia e fa male – …male – male?!
Il groppo in gola. Un sorriso rassegnato.
Io lo sapevo, eppure ci ho creduto ancora. Perché?

Ho scoperto che l'unica cosa vera è l'istinto e io lo seguirò, a costo di morire. Ancora.
VI…- Non pensare ch’io mi stia autocommiserando perché non è così.
Non so cosa voglio da te, non lo so più. Forse solo rivederti. Ma ti voglio regalare una parte di me, ora.
ETERNITY.
Siete troppo presi da voi stessi per vedere che qualcuno può morire con poco.
Non so cosa voglio, ma cosa volevo.

Prenderti tra le braccia e sentire l’amore dentro me.
Impossibile, per me. Io nella mia vita ho visto e sentito troppo. E’ bastata una canzone ad uccidermi.
Ecco perché ti mando UN CD.

Spero capirai. Quelle sono le MIE emozioni.
Solo mie.

VII…- Ok, Michè, siamo arrivati. L’orrore.
A volte non riesco proprio a trattenerlo, allora mi devo fermare, in tutti i sensi.
Qualcosa mi sta mangiando dentro. Dentro.
Ancora una volta, “io voglio solo morire”.
 
Interminabile il viaggio per arrivare dove si è già.
Tutto quanto credevo essere solo ideale
- Utopia -
Una mera illusione immateriale
Qualcosa con cui tenere viva questa vita
Atrofizzata nei propri giorni

Si rivela pura realtà.
Lunica.”

Ho scoperto che c'è un posto nella mente dove il presente si incontra con il passato e iniziano a distruggersi.
0…- Te stesso. Un infinito mondo. Infinito. Ogni tanto si unisce ad un altro, spesso collide. Spesso crolla su sè stesso. E poi c’è il giorno dopo per ricominciare. Un nuovo sole. Una nuova luna. Una nuova vita ed armonia. E tutto gira. Gira. Di nuovo. A volte, inspiegabilmente si ferma.
Si deve fermare.
Poi riparte, più velocemente.  
Allora ti alzi un giorno e pensi che tutto quello sia finito.
Eppure sai, sai dentro, che ricomincerà.
Cosa?!
 
E’ strano come il silenzio d’un’intera vita viene spezzato dal rumore d’un sorriso. 
Realtà e follia si uniscono. La pazzia diventa bisogno.
L’emozione amore. Le lacrime voglia di essere ancora qui.
La rabbia istinto.
Realtà e follia si uniscono. La pazzia diventa bisogno.
L’emozione amore. Le lacrime voglia di essere ancora qui.
La rabbia istinto.
E il sogno realtà.

“Interminabile il viaggio per arrivare dove si è già.
[…]
Verso l’iperuranio mi spingo
Tra sottili vibrazioni m’innalzo…
Sempre più in basso
Scivolando… Alto.
Rivolto ad ovest
Per giungere ad est.
Portando già dentro
Ciò per cui fuori son portato.
Ovunque sono ora
Ora sono ovunque
Perché sono parte del tutto
Sono parte di tutti.
(Ovunque io vada torno da me )
Non so più se sono io quello a parlare
Oppure io quello ad ascoltare.”

Anyone, Anywhere

0...
‘No, don’t leave me here
The dream carries on inside…
I know it’s not too late
Lost moments blown away tonight’

I...
E’ strano. Qualcuno ha paura di qualc
osa di bello. Quel qualcosa di bello sono io. Non era mai successo.
Io e **** ci siamo conosciuti, come spesso accade oggi, su internet.
Ero in una chat in cui ero entrata sì e no due volte per parlare con un mio amico. All’inizio, lui, tutto mi fece fuorché una buona impressione. Si era messo in “sfida”, e io dovevo resistere. Forse, alla fine, quello più in difficoltà è stato lui.
Questa è la storia di come una persona entra nelle vene di un’altra.
 
Ci siamo sentiti per la prima volta per telefono poco fa. E’ stato strano ascoltare la sua voce dopo aver parlato tutte quelle notti di noi. E’ calda e suadente, la sua voce. Io tremavo, e tremava anche lui. E’ come se di colpo ti ritrovassi davanti qualcuno che hai sempre sognato, qualcuno di immaginario, di idealizzato. Ce l’hai lì, davanti a te. E tremi. Senti ogni più piccola parte di te, che è dentro di te, vibrare di emozione.
E’ calda e suadente, la sua voce. Sono due braccia che ti stringono piano.
Alla fine non ci vedremo più. Mai più. Lui ha paura, di qualcosa di bello. E quel qualcosa di bello sono io. Non era mai successo.
 
E’ notte e le strade sono buie. Desolate. Noi, come al solito, siamo tutti ubriachi. Ho paura. Ho paura di non saper resistere e di scappare ancora, ma lo amo. Ho paura di fargli male. Ho paura che vedendo ciò che sono lui vada via. Ho paura di restare sola di nuovo allora, poco ovviamente, vado via prima io. Stupido. Stupida. Lo amo e lo allontano da me.
Io cammino avanti e loro dietro. Con una bottiglia in mano. Ce l’ho anche adesso. Sento il vento caldo dell’estate abbracciarmi, ma ho freddo. Lei gli ha detto che io sono solo dolore.
 
Riuscivo a sentire ciò che provava, riuscivo a vedere ciò che provava. Ho iniziato a tremare quando ho sentito che lui stava tremando. Angelo fragile, ti nascondi nel buio.
Piangeva, la sua voce. Mi chiedeva di restare e di capire. Ha il vuoto dentro. Qualcuno che amava una mattina se n’è andato via e lo ha lasciato solo. Ha paura di restare solo di nuovo allora, poco ovviamente, va via prima lui. Stupido. Stupida. In quel buio io potevo essere la luce.
 
Lo conosco da due ore e mi ha chiesto di essere qualcosa di segreto per lui. Questo è un pazzo. Oppure mi prende per culo. Lo conosco da due ore e già mi dice cose che dovrebbero essere segrete poiché troppo intime. Questo è un pazzo, ma è pazzo come me.
 
Mi ha chiesto di aspettare il momento in cui, per lui, quel momento sarà il nostro momento. Mio e suo, e basta. In cui ci saremo solo io e lui. Prima deve dimenticare. Deve capire che può andare avanti. Non so se è rispetto o troppa stupidità. Ha detto che ha paura di qualcosa di bello e che quel qualcosa sono io.
 
Mi chiama tesoro. Nella mia fragilità ha capito che sono forte. Ha capito che la mia forza è uno scudo per tenerlo lontano e non ha fatto fatica a distruggerlo. Era naturale il modo in cui mi parlava di sé. Così, di colpo. Una naturalezza che ti lascia senza parole. La sua forza sta nella sua ingenuità. Lui questo non lo sa. Mah. Lo conosco da due ore e mi ha chiesto se tornerò.
 
Non puoi limitarti perché hai paura di quello che succederà. E’ quello che succederà che ti ha portato fino a qui. E’ quello che succederà che ti ha fatto pensare a me fin adesso. E allora non puoi dirmi che hai paura di me, se è quello che desideri.
 
Già. Desiderare. Maledetto bisogno di averti qui e di stringerti. Semplicemente stringerti, e sorriderti. E stare bene con te. Scappare. Anche solo per un attimo, mio paradiso. Lontano da tutto e da tutti. Ho bisogno di sentirti dire che sei qui con me. Ho bisogno di sentirti dire che tra le tue ali sono protetto e lontano. Ho bisogno di sentirti dire che sei un sogno che posso toccare. Un bacio che posso sentire.
 
Mi sono stesa sulla spiaggia, di notte, e ho iniziato a guardare le stelle sperando in un mondo infinito e diverso. Un altro mondo e un’altra sorte, un’altra vita. Dove essere migliore. Senza aver paura di niente e di nessuno. Senza aver paura di me.
 
Già. Perché, se volessi, gli daresti un significato diverso. Ci penseresti e saresti felice. Non è che deve per forza fare male. Non è che sarà per forza negativo. Magari sarà bello, e ti divertirai. Sorriderai. Penserai a me e sarai contento. Scapperai dal tuo mondo e arriverai in uno in cui io un giorno ti raggiungerò.

Hai detto che sarà negativo perché sarà positivo.
Non puoi limitarti perché hai paura di quello che succederà. E’ quello che succederà che ti ha portato fino a qui. E’ quello che succederà che ti ha fatto pensare a me fin adesso. E allora non puoi dirmi che hai paura di me, se è quello che desideri. E’ che tu hai paura di te stesso, perché, davvero, come fai? Chi te lo dice che sarà negativo? Dipende da te. Dopo mesi non puoi dirmi che non lo vuoi più. E’ una presa per culo. Non puoi scappare per paura di rimanere solo.
 
Eppure è quello che ho fatto io quando mi hai detto: “ho paura di qualcosa di bello e quel qualcosa di bello sei tu”, perché non era mai successo. Non avevo mai pensato di poter essere qualcosa di bello per qualcuno e di fare male per questo. Io sono quella che la mia migliore amica ha descritto come “solo dolore”, cosa centra questo adesso? Questo è pazzo, oppure mi prende per culo. Ma la stupida sono io, gli ho detto addio. E sono scappata di nuovo. Ero io che avevo paura, non tu.

II…
Ho paura… Ho paura di te… e di me… Se ti penso, vedo la strada illuminata dai lampioni arancioni, la strada della piazza… e l’erba delle aiuole… Vedo le stelle e il cielo… e tu che mi sorridi… Un sorriso bellissimo, ma freddo… e rivedo le scale e il vuoto… il 26 aprile… La notte… Eterna… e la morte… Dio, voglio fare l’amore con te, un’ultima volta… E voglio piangere perché sono felice… Voglio morire perché non riesco ad amare… Altri che te… Voglio sorridere al Sole… e piangere alla Luna… e arrivare in quel mondo con te… Per sempre restare e… Abbracciarti…

‘No, don’t leave me here
The dream carries on inside
I know it’s not too late
Lost moments blown away tonight’
                                        Anathema
                                   ‘Anyone, Anywhere’
 
…In eterno.

 
Lost In Tears 4.0 (con)templating Madness